mercoledì 20 maggio 2020

Omaggio a sua maestà


PREMESSA: come apprenderete leggendo questa mia avventura ci sono delle attrezzature e delle raccomandazioni da tenere ben presente, fate tesoro dei consigli che leggerete per evitare situazioni complicate durante una bellissima gita.

Delle valli di Fiemme e Fassa si è già parlato, luoghi incantati dove la natura della montagna si mostra in una delle sue forme più iconiche e meravigliose, in val di Fassa si trovano anche alcune delle più note montagne d'Italia e d'Europa, una di queste è la Marmolada detta anche la Regina delle Dolomiti.
Cosa attribuisce alla Marmolada questa regalità? 
Tale regalità arriva per prima cosa da una sua magnificenza naturale, infatti è la cima più alta delle Dolomiti dove si trova anche il ghiacciaio più esteso della catena dolomitica, per distinguersi ulteriormente la Marmolada non è nemmeno fatta di dolomia ma di calcare compatto, le origini del suo nome sono avvolte tutt'oggi dal mistero, c'è chi lo riconduce al latino marmor, indicando l'aspetto marmoreo dei suoi pendii, chi invece al greco marmar che significa splendere, riferito al ghiacciaio sulla sua vetta, in ogni caso la Marmolada incute rispetto, reverenza ed anche un pò di soggezione mista a paura a vederla quindi, che qualcuno le dia della regina ci sta tutto.
Ma perchè parliamo di Marmolada, semplice, perchè nel mio peregrinare lavorativo mi sono trovato in val di Fassa e mi sono ripromesso d'investire un giorno a rilassarmi nella valle. Di qui l'annosa scelta di cosa fare e cosa vedere, da fare e vedere tra Fiemme e Fassa ce ne è a iosa ma la mia attenzione è stata attratta dal museo più alto d'Europa, il museo 3000m, il museo si trova indovinate dove?...bravi sulla Marmolada, è un museo della prima guerra mondiale posizionato ad una delle stazioni di sosta della funivia della Marmolada, inoltre sulla montagna ci sono ancora segni della prima guerra, riassumendo: montagna, storia, avventura, ottimi ingredienti per partire.
Zaino in spalla, attrezzatura verificata e si parte in direzione Marmolada, la prima tappa la faccio ad Alba di Canazei per prendere la funivia che porta alla conca del Ciampac, perchè direte voi, perche la Marmolada è oltre i 3000m, considerato che era un bel pò di tempo che non salivo sopra i 1800m il Ciampac che è a quota 2160m basterebbe per fare un pò di ambientazione all'altitudine, inoltre vale la pena, se volete andare in Marmolada, parlare anche un attimo del Ciampac.
La Marmolada può andare bene per le famiglie, è accessibile, tenete presente però che è alta montagna, e di questo ne riparleremo, se magari tenete famiglia e la passione per la montagna non è estrema, il Ciampac fa al caso vostro: è una conca glaciale sopra Alba di Canazei, si gode un fantastico panorama sui gruppi del Sassolungo del Sella e della Marmolada, ci si arriva in funivia, ci sono prati, ruscelli, montagne, bar, ristoranti e giochi per bambini, insomma un piccolo paradiso per famiglie ed escursionisti dove si possono fare passeggiate in montagna nel silenzio della natura ammirando spettacolari paesaggi e anche fermarsi a magiare a far giocare i bambini...aver avuto tempo una giornata la si passava volentieri al Ciampac ma, non era quello il target del viaggio allora si "scendo dalle nuvole", riprendo il potente mezzo meccanico e via verso la Marmolada.
Ricordate quando ho detto che il val di Fassa di roba da vedere ce ne è a iosa? Bene una tappa da Alba di Canazei alla Marmolada, rimanendo in tema, è il lago di Fedaia.
Il lago si trova ai piedi della Marmolada vicino all'omonimo passo che collega Trentino e Veneto, il lago è artificiale, serve infatti a generare corrente elettrica, e raccoglie le acque dell'Avisio e quelle di disgelo del ghiacciaio della Marmolada.
Da qui partono anche gli impianti di risalita per la stagione sciistica e numerosi sentieri per arrivare in vetta, sulla sua diga sono state girate anche alcune scene del film "The italian job " del 2003 ma, non era nemmeno questo il target, quindi un occhiata veloce al lago e via verso gli impianti di risalita della Marmolada a malga Ciapela.
Appena arrivato alla base della montagna ho alzato lo sguardo e la mandibola è caduta, dall'alto della sua magnificenza sua maestà mi stava guardando e già faceva impressione così...

Arrivo, faccio il biglietto e...due raccomandazioni sul biglietto: se avete animali vanno tenuti al guinzaglio e con la museruola inoltre li portate in quota a vostro rischio e pericolo, c'era qualcuno con il suo amico quadrupede, personalmente in un'occasione simile in mio cane lo lascerei a casa. Inoltre state attenti agli orari non tanto di partenza, quanto di rientro, andate sempre oltre i 3000m di quota. Attuate questi accorgimenti, decidete se andare fino a quota 3000m o fino in cima e si parte.
Detestate le montagne russe? Non montereste mai su un elicottero? Avete le vertigini? Le avventure estreme si destabilizzano? State a casa.
La funivia parte lenta poi si erge sul pendio della montagna come un elicottero, la stazione di partenza diventa piccola piccola, in un attimo un paesaggio lunare vi avvolge, in men che non si dica arrivate alla prima stazione, che è solo una stazione di passaggio, e li capite che quello che vedevate dal parcheggio era solo l'inizio della salita ed iniziate a capire come mai la Regina si è guadagnata il suo nome e dove state andando ad infilarvi.
Dalla prima stazione si parte verso quella a quota 3000m, e riparte anche quella sensazione di decollo, con la differenza che prima,avevate ancora qualcosa di famigliare nel panorama adesso ci sono solo cielo e montagna...la sensazione di stare andando verso l'ignoto vi pervade in modo ancora più marcato rispetto alla prima tratta.
Arrivati a quota 3000m, dove c'è il museo ma per adesso lo mettiamo in pausa, nell'andare verso la cabina che vi porterà in vetta si legge a caratteri cubitali, come se fosse un avvertimento dell'onnipotente, che nella prossima stazione non c'è ne bar ne bagno...insomma l'idea di andare verso l'ignoto e oltre vi si palesa di fronte.
Con un pizzico di apprensione, controllando che non ci siano esigenze corporali, si sale sulla cabina e via verso l'ignoto, ora fuori dalle vetrate si vedono solo pareti di roccia, ghiaccio, nuvole e cime delle montagne.
Arrivati all'ultima stazione a quota 3265m si scende, mi dirigo verso le scale che portano alla terrazza panoramica, salgo, stando attento che non ci sia ghiaccio sugli scalini e nel mentre metto pure il berretto, la giacca l'avevo già addosso dalla partenza. Appena uscito dalla porta che dà sulla terrazza...spettacolo maestoso, la montagna in tutta la sua crudezza, bellezza e maestosità, le cime si stagliano tutte ai miei piedi, il cielo pare così vicino da poterlo toccare solo allungando la mano, il vento che soffia ti dà l'idea di qualcosa di divino, possente, vedi il mondo ai tuoi piedi e la sensazione ha dell'euforico...se non fosse anche per il fatto che se non sei abituato a 3265m la mancanza di ossigeno potrebbe farsi sentire.
Guardando tutto questo, vedendo la cima della Marmolada, punta Penia, a quota 3343 capisco perchè è la regina delle Dolomiti, montagne ne ho viste tante, alte così poche ma l'idea e la sensazione che ho avuto e quella di vedere LA montagna, quella che dalla sua vetta può permettersi di guardare l'uomo con l'aria di chi c'era prima, c'è adesso e ci sarà sicuramente dopo, chi ha millenni di storie da raccontare, chi parla con tutti ma dà confidenza solo a pochi.
Per la cronaca: volendo si può uscire dalla stazione della funivia, fare due passi sul ghiacciaio e andare fino a punta Penia ma, una cartello perentorio avvisa che "state per uscire in un ambiente di alta montagna, è fortemente sconsigliato se non siete attrezzati e pratici", essendo io pratico abbastanza da sapere che non ero preparato fisicamente per un simile ambiente ho preferito non uscire, tanto sapevo che sarei comunque uscito nella stazione a quota 3000m per andare a vedere le postazione della Grande guerra.
Finito d'inebriarmi a tale regale vista, ritorno alla stazione 3000m per andare a vedere il museo, c'è da dire che in questa stazione c'è il WC e il bar, un ambiente più turista friendly diciamo, c'è anche una terrazza esterna con chioschetto di panini e bibite, comunque, parliamo del museo.
Il museo, dove non si possono fare foto, è a entrata libera, piccolo e compatto ma comunque estremamente interessante, tanto materiale esposto si è conservato in condizioni impressionanti grazie al fatto che arriva dal ghiacciaio, infatti durante la guerra i soldati austriaci avevano scavato 12 Km di gallerie all'interno di esso, una vera e propria città di ghiaccio, avevano dato anche i nomi alle "vie" e alle "piazze" per avere una parvenza di normalità e sentirsi a casa. La vita all'interno del ghiacciaio non era proprio semplice, vuoi per la temperatura vuoi per il fatto che ogni tanto il ghiacciaio si muoveva.
Oltre al museo, all'interno della stazione c'è la grotta della Madonna delle nevi, la grotta è stata scavata dai genieri della brigata Cadore per ospitare la statua della Madonna regalata e consacrata da Papa Giovanni Paolo II, che amava particolarmente la montagna, nel 1979, la grotta è stata creata sul modello di quelle che i soldati scavavano durante la guerra 1915-18 per proteggersi dalle intemperie a dal nemico.
Finita la visita alla grotta e al museo indoor sono passato a quello outdoor, davanti alla porta per uscire dalla stazione c'era il cartello di cui sopra ma, in questo caso, valutato il tutto ho deciso che la la mia preparazione era adeguata per l'ambiente che mi trovavo ad affrontare, comunque selvaggio, comunque a 3000m ma meno ghiacciato e scosceso, se mi fosse girata la testa non finivo a valle.
ATTENZIONE: per visitare le postazioni c'è un sentiero, è comunque raccomandato avere l'attrezzatura da ferrata, personalmente, considerata la situazione sarebbe molto opportuno ascoltare questa raccomandazione.
Quindi esco e mi dirigo verso le fortificazione sullo sperone roccioso li vicino, la prima cosa che vedo è la porta di un vecchio riparo di militari, a vederlo oggi sembra confortevole e caratteristico, pensandolo d'inverno senza riscaldamento, con metri di neve ed il nemico che ti spara addosso assume tutta un'altra valenza, mentre proseguo la mia esplorazione una nuvola inizia ad avvolgere la montagna, calcolando i rischi decido che sarebbe stato più sicuro rientrare, tanto quello che c'era da vedere lo avevo visto.
L'ultima emozione è stata la discesa a valle, se la salita ha lasciato senza fiato vi assicuro che pure l'arrivo a valle non è da meno.
Tornando a casa questa volta la carne al fuoco su cui riflettere era parecchia, ho visto la montagna, quella vera, quella dove lo zainetto con il maglione e il kway, gli scarponi da montagna e le attrezzature d'arrampicata servono, dove avere l'idea di cosa sia la montagna è necessaria, non era sicuramente l'ambiente del cittadino in gita una tantum, ho visto posti spettacolari, ho provato sensazioni potenti, ho visto cosa poteva essere la guerra di montagna, li non tornavi a casa a piedi, quando arrivavi li ci rimanevi finchè non decidevano che potevi andartene...in un modo o nell'altro.
Ho visto un posto dove viverci è proibitivo e comunque l'uomo lo ha colonizzato, sia per motivi bellici sia per motivi turistici, ci tornerei?...sicuro e con più consapevolezza ho idea che lo apprezzerei ancora di più, questa è stata un'avventura un pò da turista, meno esplorativa di quelle a cui sono abituato ma ci stà, quello che mi ha spiegato la regina è che a volte dirigi tu il gioco, altre volte devi lasciare che il gioco lo diriga qualcun altro.







venerdì 1 maggio 2020

Momento storico

In questo 2020 stiamo vivendo un particolare momento storico in cui viaggiare non è proprio così semplice, si potrà tornare a farlo...non si sa quando, come, con che condizioni e con quali risorse.
Ovvio che anche l'attività di questo blog risulterà parecchio ridimensionata, uscirà un post sull'ultimo viaggio fatto prima dei vari DPCM, ci si è interrogati molto sul farlo uscire e si è deciso che può essere un segno di ottimismo nella speranza di poter tornare a viaggiare.
Intanto non disperate, io e Thx stiamo programmando a tutto andare, mantenendo le distanze sociali e ipotizzando i possibili scenari, quindi in bocca al lupo a tutti e non disperate, il mondo non scappa e non si libererà facilmente di noi.

martedì 11 febbraio 2020

Mi è sembrato di vedere una trincea


Per anni, sulla strada che da Mori va verso Isera all'altezza dell'incrocio del Mossam in Trentino, mi era sembrato di vedere quelli che parevano i resti di una trincea, sapevo che la zona era stata la prima linea austriaca nella Grande Guerra fino alla spedizione punitiva, partita dall'altopiano di Folgaria, sapevo anche dell'esistenza di un campo militare in località Asmara. Le informazione che avevo trovato in Internet confermavano le mie ipotesi ma non mi davano indicazioni chiare su come arrivare alle trincee, fino a quando...una fonte inaspettata mi dice che era andato a vedere con un  suo amico delle trincee sopra la frazione di Ravazzone, il famoso campo dell'Asmara, gli chiedo quindi come arrivarci: praticamente si attraversa Ravazzone da Mori verso Isera, all'altezza di una casa, fieramente Sarda  vista la mega bandiera al suo esterno, si gira verso la montagna e si arriva ad un campo attrezzato per pic-nic, ecco da li, a piedi si possono raggiungere le trincee che si vedono chiaramente sulla collinetta.
Considerato il posto bisogna dire che i volontari che le hanno recuperate hanno fatto un gran lavoro, le strutture si sono mantenute anche in un buon stato di conservazione, ci sono anche alcune tabelle che spiegano la storia e la composizione delle difese del campo.
Il campo dell'Asmara era in primissima line rispetto al fronte, faceva parte di una linea di difesa che andava dal monte Creino fino al monte Finonchio, al suo apice tra la parte bassa e quella alta nel campo c'erano più di trecento uomini.
La storia non pone il campo dell'Asmara all'interno di importanti battaglie ma sono accertati scontri a fuoco tra pattuglie e qualche tentativo d'assalto, di particolare rilievo è stata l'operazione per la riconquista dell'abitato di Mori che era passato in mani italiane.
Sicuramente l'esercito italiano ci ha ben pensato dall'attaccare in forze il campo in quanto c'erano alquante mitragliatrici, 12 campi minati, varie recinzioni di filo spinato ed un recinto elettrificato che difendevano i soldati austriaci. i quali, dalla loro oltre la posizione sopraelevata, avevano una caverna per la truppa e una per gli ufficiali per riparasi e riposare, una postazione medica e la possibilità di arretrare, tramite le campagne, fino ad Isera per riposarsi in modo più confortevole.
L'esplorazione del sito è affascinante, i muraglioni della trincea sono ben conservati, ci sono anche dei camminamenti scavati nella collina da poter percorrere, si può passare anche dalla caverna scavata per la truppa, sul lato d'uscita dalla caverna si apre la località Foianeghe, un pezzo di campagna da dove si poteva raggiungere Isera restando al sicuro dai colpi nemici.
Tutti i passaggi sono fatti per essere al coperto e rendere il movimento dei soldati il più possibile sicuro. Per quanto riguarda la parte rivolta al nemico della trincea si può notare come tale struttura sovrastasse in modo strategico tutta la valle.
Due parole vanno spese sugli "austriaci", oggi l'austriaco è quello che abita in Austria, oltre le Alpi e oltre il Brennero, nel 1915 l'austriaco veniva da Bressanone, Rovereto, Vallarsa e Trambileno, tutti luoghi che siamo abituati a considerare italiani. Nel mio viaggiare sui campi di battaglia della Grande Guerra in Trentino mi sono reso conto di come le linea fossero distanti o in luoghi lontani dai centri abitati, altre volte invece le linee erano vicinissime, a pochi metri le une dalle altre con dentro italiani e austriaci, ecco il campo dell' Asmara da un'altra prospettiva alla cosa: l'abitato di Mori era appena davanti alle trincee, probabilmente di notte con un urlo si poteva chiamare qualcuno in paese, Isera, Trambileno, Vallarsa e Rovereto sono tutte località che si possono vedere dalle trincee. 
Fa specie pensare che quelle persone erano state strappate dalle loro case, mandate a combattere e dal fronte potevano vedere casa, vedere il paese dove magari andavano a vendere i prodotti del loro lavoro che era diventato oltre confine, straniero...oggi, con le macchine che passano freneticamente sotto le trincee, senza problemi di confine, magari ignorando la presenza di questi manufatti storici rende ancora più forte l'immagine di quegli anni che hanno scosso il mondo e stravolto molte vite.




sabato 15 giugno 2019

Piccolo Mondo



C'era una volta l'arciprete di Ponteratto...presumo che molti di voi non sapranno nemmeno di cosa sto parlando, proviamo così:"Ecco il paese, il piccolo mondo di un mondo piccolo..." così forse qualcuno inizia a ricordare.
Era il 1952 e nelle sale usciva un film, un film che parlava dell'Italia rurale, delle rivalità politiche che c'erano nel paese nel dopoguerra, un film che avrebbe segnato la storia, che avrebbe consacrato all'olimpo della cinematografia i suoi protagonisti, un prete e un sindaco, intenti a farsi la guerra nel loro piccolo mondo ma con una profonda stima ed un profondo rispetto l'uno per l'altro, insegnando ai giovani e al mondo che si può essere avversari, avere due posizioni opposte ed essere comunque amici.
Don Camillo e Peppone i protagonisti, rispettivamente prete e sindaco del paesino di Bresciello, ebbene, se Don Camillo e Peppone sono personaggi inventati dal Guareschi il pese di Bresciello esiste veramente ed a me spetta l'arduo compito di raccontarvelo.
 Per i più giovani riassumiamo un pò la storia dei nostri due protagonisti, Don Camillo era un prete grosso come una montagna, pragmatico, uno di quelli che ha fatto la guerra e il partigiano, anche se di questo suo passato s'intuisce più che parlarne. Politicamente schierato con la Democrazia Cristiana cerca di mantenere i binari della spiritualità del paese, e del sindaco, sulla retta via, dalla sua parte un Cristo parlante che, senza troppe parole, lo sa consigliare sempre per il meglio e lo fa riflettere sul suo carattere spesso irruente e poco ecclesiastico.

Dall'altra parte Giuseppe "Peppone" Bottazzi, sindaco comunista del paese, anche lui ha fatto la guerra e ha fatto il partigiano, leader indiscusso della sua sezione del partito sia quando è in carica sia quando è chiamato a Roma per responsabilità più alte, nonostante tutto questo legato alla sua terra, alle sue origini e legato anche a quel prete che gli crea tanti grattacapi e che lo aiuta nei momenti difficili.
Quella che c'è tra Peppone e Don Camillo è una rivalità sana, corretta, una rivalità che deve fare i conti con un'amicizia che pur sempre nascosta, traspare da una miriade di piccolo avvenimenti che si verificano durante tutti i film della saga.
Fin qui il racconto di fantasia, veniamo adesso alla cruda realtà: Brescello .
Bresciello è un paesino della bassa, un tipico paesino con la sua piazza, il suo bar e i sui nonnetti da bar intenti a bere un bicchiere di vino mentre parlano di attualità e politica placidamente seduti ai tavolini del bar sotto i portici che incorniciano la mitica piazza dei comizi di Peppone, inizialmente Guareschi non voleva che il film fosse girato a Brescello ma la produzione impose la sua idea e il film fu girato dove tutti sappiamo
La vita nel paesino pare scorrere placida e tranquilla, come quella che si vede nei film e l'emozione che si ha arrivando nella piazza della Chiesa ha un che di trascendentale infatti, tutto è rimasto come nei film ci sono anche Don Camillo e Peppone che si salutano da una parte all'altra della piazza, uno davanti alla Chiesa e l'altro davanti al Municipio...e ci sono veramente: due statue raffiguranti i nostri eroi nell'atto di salutarsi sono state collocate nelle piazza in occasione del 50° del primo film.
Una piccola curiosità sulla Chiesa: il piccolo colonnato non era presente davanti alla Chiesa originale, è stata un'aggiunta cinematografica che è piaciuta al parroco che ha chiesto di lasciarla in via definitiva trovando che valorizzasse la Chiesa e la piazza, inoltre quella che c'è nei primi film non è la Chiesa di Brescello in quanto la sceneggiatura richiedeva parecchie scene in interni e quindi il Vescovo, preoccupato che la cosa potesse turbare i fedeli non diede il permesso, dal quarto film le scene in Chiesa si riducevano e il Vescovo diede quindi il benestare a che fossero girate proprio a Brescello.
Tramite un libretto acquistabile nel negozio di souvenir, si può girare il paese alla ricerca dei luoghi reali della nostra storia immaginaria: la casa di Don Camillo, quella di Peppone, la stazione dei treni e...la caricatura della Gisella che tanto subbuglio portò in paese.
A guarnire questa esperienza in bilico tra sogno e realtà, c'è anche un museo dedicato a Don Camillo e Peppone, capiamoci, non è il Louvre o il MOMA ma nel piccolo allestimento del museo si possono trovare un sacco di aneddoti, foto e cimeli che vi faranno vedere il back stage del film quando i back stage manco sapevano cosa fossero, potrete vedere la doppietta di Don Camillo, l'ufficio di Peppone le mitiche biciclette che hanno portato i nostri eroi a casa come simil Coppi e Bartali, potrete vedere una misteriosa foto di Peppone nello spogliatoio della Dinamo, potrete vedere una carro armato americano fuori dal museo,"Non erano i tedeschi che se ne andavano ma gli americani che arrivavano"...il carro però non è quello originale del film ma una suo sostituto comprato dal museo e dalla pro loco di Brescello.
Insomma, con una visita a Brescello potrete immergervi in quell'atmosfera del piccolo mondo in un mondo piccolo che avete trovato nei film, non avete visto i film originali di Don Camillo e Peppone???Eretici, correte a noleggiarli, comprarli, streamingateli, insomma, legalmente ma guardateli, li amerete sicuramente, passate poi per Brescello e vivete quella magica atmosfera.
I film originali sono 5, c'era anche un sesto film,"Don Camillo e i giovani d'oggi", rimasto parzialmente incompiuto a causa della morte di Fernandel, l'attore che interpretava Don Camillo, chiesero a Gino Cervi, Peppone, di finire il film con la controfigura di Fernandel ma questi disse che "morto Don Camillo muore anche Peppone" rifiutandosi di finire il film con chiunque non fosse il Don Camillo originale. Successivamente, nel 1972, venne girato nuovamente con altri attori, non serve dire che non ebbe il successo sperato, nel 1983 ci fu un remake del primo film con il mitico Terence Hill ma, nonostante la sua mitaggine, non riuscì ad arrivare al successo della serie originale. Insomma Don Camillo e Peppone sono due personaggi inventati, ispirati a personaggi reali, che vivono in un mondo verosimile, identificato con Brescello, interpretati da due attori che hanno saputo renderli senza tempo, farli entrate nell'Olimpo della cinematografia, renderli capaci d'insegnarci la lealtà al di là delle idee a che l'amicizia, il rispetto e il buon senso, sono valori che trascendono quello che possono essere le idee politiche, le posizioni sociali o le convinzioni di sorta.




giovedì 6 giugno 2019

Capitale, Capitale, Capitale


Quante città possono vantare il titolo di Capitale per ben tre volte nella loro storia e con tre imperi diversi?...Non lo so, sicuramente però una di queste è Ravenna.
Procediamo con ordine, navigando per trastullo sul web, mi capita d'imbattermi in una foto quanto mento originale: una cripta con dei pesci che ci nuotano dentro, li per li l'immagine mi ha intrigato e ho deciso di approfondire la cosa, la foto riguardava la cripta della Basilica di S. Francesco a Ravenna. La città di Ravenna non era mai stata nelle mire dei miei viaggi, bella per sentito dire, importante per la storia, rinomata per l'UNESCO ma nulla più, fino a quando, oltre alla foto, una delle pagine che seguo su di un noto social network non mi propone il video dal titolo "cosa visitare a Ravenna in un giorno", ok penso, è destino, devo visitare Ravenna! L'occasione mi si presente tramite un corso di lavoro che dovevo svolgere a Forlì, a pochi chilometri da Ravenna.
Mi faccio dare un giorno di ferie prima del corso, prenoto un B&B in un punto strategico, mi scrivo degli appunti sul video, imposto il navigatore e si parte alla scoperta.
Ora che avete capito l'antefatto inquadriamo l'obbiettivo: Ravenna è stata capitale dell'Impero Romano d'occidente, del regno degli Ostrogoti e dell'esarcato di Bisanzio, tutti questi imperi hanno lasciato un quantitativo di chiese, mausolei, battisteri e opere cristiane che nel 1996 sono stati inseriti nei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO.
Arrivato sul posto e dopo aver preso confidenza con la camera, sono sceso on the road per iniziare la mia adrenalinica scoperta di Ravenna,
Per prima cosa sono andato a vedere la famosa cripta con i pesci rossi e devo dire che, aperta la porta della Basilica quello che mi ha colpito subito sono state le proporzioni esagerate della Basilica che, pur non essendo riccamente decorata come quelle più moderne, dava comunque un senso di grandezza e rispetto reverenziale a chi entrava. Accodandomi ad una comitiva d'inglesi e scroccando qualche notizia alla guida, mi metto in coda per vedere la "vasca" e, davanti a tale bizzarria ecclesiastiarchitettonica, mi sentivo molto Indiana Jones in esplorazione tanto era surreale la visione: una cripta con dell'acqua dolce limpidissima e i pesciolini che ci nuotavano dentro come in una maestosa boccia, i pavimenti decorati a mosaico e il sarcofago con i resti del Vescovo Neone...insomma, mancavano solo un Fedora, una giacca in pelle ed una frusta e il gioco era fatto.
Uscito dalla Basilica con ancora l'immagine della cripta nella testa, giro l'angolo e vedo la tomba di Dante, le due tombe di Dante, si, perchè il sommo poeta più ricercato del'200 ha trovato in Ravenna la sua ultima destinazione, quella ufficiale in una cappella da par suo dietro la Basilica di San Francesco, quella meno ufficiale sotto un cumulo di sabbia appena dietro la cappella, in che senso vi chiederete? Nel senso che, durante la seconda guerra mondiale, per evitare che un bombardamento spargesse resti di sommo poeta per tutta Ravenna, i custodi della tomba avevano ben pensato di mettere la bara sotto un mucchio di sabbia così da proteggerla in caso di esplosioni, essendo in Italia, finita la guerra, la bara è stata rimessa al suo posto, il cumulo di sabbia è diventata un'attrazione turistica con una storia da raccontare.
Seguendo la mappa mi dirigo verso il complesso della Basilica di S. Vitale, per accedere al complesso è necessario munirsi di biglietto, consiglio il biglietto multiplo con accesso a tutte le strutture UNESCO. Armato di biglietto accedo alla struttura e...posso solo immaginare lo sbigottimento e la meraviglia di un villico del 5-600 che si trovava ad entrare in una struttura simile: un'architettura sontuosa, monumentale e al contempo leggera, semplice e ricca di significato. In un percorso visivo che lasciava poco al caso e molto ad un attento gioco architettonico, l'abside si scopre lentamente attraverso le colonne fino ad apparire in tutta la sua magnificenza...stupore e meraviglia!!
Per creare tale opera mozzafiato, si sono uniti abili artisti e costruttori occidentali ed orientali in un connubio di meraviglia e precisione: i mosaici e i capitelli delle colonne denotano una cura maniacale per il dettaglio, nulla è lasciato al caso, ogni tassello va al posto giusto perchè quello è il suo posto, i capitelli delle colonne a forma di cesto rendono l'impatto visivo leggero, gli affreschi della volta ti fanno sentire piccolo piccolo...insomma, calcolando i 1500 anni di vita, la Basilica riesce ancora a stupire.
Adiacente alla Basilica si trova il Mausoleo di Galla Placidia, costruito secondo la tradizione orale dall'imperatrice Galla Placidia per sè, per il marito e per il fratello, sempre secondo la tradizione, la salma di Galla era visibile da una feritoia nel sarcofago fino a quando, il solito turista sprovveduto nel 1577 avrebbe avvicinato troppo la candela e bruciato la salma, comunque, tradizioni o storia a parte, la struttura si presenta come una piccola costruzione di mattoni a forma di croce cristiana, per entrare bisogna aspettare, perchè per proteggere i mosaici non possono entrare troppe persona e per massimo 5 minuti. Fortunatamente non c'era coda ed entro subito...ri stupore, ri meraviglia: il mosaico a fiori dell'entrata faceva il suo effetto ma nulla in confronto alla volta stellata al centro del mausoleo!!
Capiamoci, non sono mosaico o affreschi in 4k ma, considerata l'epoca di produzione e l'età, il loro effetto lo facevano più che bene. La visita al mausoleo è intensa ma breve e con questa si conclude la visita al complesso della Basilica.
Senza soluzione di continuità e con il mio multi biglietto alla mano, mi dirigo verso il battistero degli ortodossi, vicino all'attuale Duomo di Ravenna.
L'attuale Duomo, al confronto con le strutture di cui si è parlato fin ora si eclissa, l'unica cosa che lo rende originale è la forma ellittica della sua cupola, il battistero al contrario, pur presentando esternamente la classica struttura a mattoncini di semplice architettura, la suo interno nascondo un tripudio di mosaici che non sfigura con quello della Basilica o del mausoleo.
Vicino al battistero e al Duomo c'è il museo arcivescovile dove, oltre ad una significativa raccolta del patrimonio paramentale del vescovado possiamo trovare anche la cappella arcivescovile, o di S. Andrea, piccola ma non meno curata rispetto a tutte le altre opere della città, la sua particolarità e che non è a piombo, non c'è un lato a 90° con l'altro, la sensazione che si ha entrando è la stessa che si può avere su di una barca con mare mosso, nonostante questo per la raffinatezza delle decorazioni, merita comunque una visita.
Lasciata la zona del Duomo mi dirigo verso la Basilica di Sant'Apollinare nuova, questa era la Chiesa privata della corte dell'imperatore Teodorico, inizialmente consacrata a S. Martino venne poi consacrata ad Apollinare quando furono trasferite qui le spoglie del Vescovo Apollinare dalla Basilica di S. Apollinare in Classe, che vedremo in seguito. L'entrata della Basilica è come le altre: una piccola porta senza ne arte ne parte e, come tutte le altre, stupisce con i suoi interni. Sebbene lo schema delle Basiliche sia sempre lo stesso, piccola porta grande wow, tutte e Basiliche visitate hanno qualche articolarità per cui si rimane a bocca aperta una volta entrati, anche qui le navate hanno altezze importanti, la parte superiore è riccamente decorata e, pur non essendoci luci artificiali a creare l'atmosfera, la luminosità all'interno della struttura è più che sufficiente ad ammirarne le decorazioni ed apprezzarne l'architettura.
S. Apollinare in Classe fuori...parliamo prima di Classe, Classe attualmente è una frazione di Ravenna posta a 5 km dalla città e lontana dal mare ma, nel 500, Classe era il porto di Ravenna, infatti il suo nome in romano si traduce con flotta e l'originale Basilica di S.Apollinare era quella posta in Classe appunto, con l'avvento delle scorribande piratesche divenne subito chiaro che i resti del Vescovo Apollinare non fossero al sicuro nella zona del porto quindi monaci e spoglie trovarono rifugio all'interno delle mura cittadine, nella Basilica di S. Martino che, per l'occasione, fu ribattezzata in Basilica di S.Apollinare nuova, per distinguerla da quella in Classe. Comunque, la basilica di S. Apollinare in Classe ha tutto l''aspetto e la sontuosità di un luogo importante, con il suo abside monumentale decorato a mosaici con colori vivi e accesi.
Mancano dei monumenti? Certo, manca il mausoleo di Teodorico e il battistero ariano, piuttosto che la casa con i pavimenti di pietra ma, vi sarete accorti, raccontare una città in una giornata e ancor peggio in un post, non è ne semplice ne esaustivo, quello che però posso provare a fare è passarvi la sensazione, l'emozione che si può provare a visitare Ravenna, una città a misura d'uomo, dove si mangiano delle buone piadine e dove la gente è cortese, inoltre, come se tutto questo non bastasse ci sono delle Basiliche eccezionali che sono entrate di pieno diritto nell'elenco delle meraviglie patrimonio dell'umanità dell'UNESCO, anche se non v'interessano le chiese, anche se non siete patiti d'arte dopo una visita alle meraviglie di Ravenna ci son buone probabilità che possiate, se non cambiare totalmente idea, apprezzare comunque queste opere che da sole rappresentano la magnificenza alla quale può giungere l'abilità e la volontà dell'uomo.











giovedì 24 maggio 2018

Repetita iuvant


Ave, quid agis?
Qui nonostante il meteo sia spesso avverso, si continua a girare, un'ottima occasione da sfruttare è l'arrivo di una piccola busta arrivata dalla Britannia, dentro la busta c'è un piccolo eliografo tascabile.
Prima domanda: cos'è un eliografo?
Un eliografo è uno strumento di comunicazione che sfrutta il sole per poter funzionare, è una specie di specchietto con un forellino che permette di mirare nella direzione del ricevente e, con un pò di pazienza, riuscire a comunicare tramite lampi di luce con lui. Uno strumento di fattura estremamente semplice e funzionale che permette di trasmette un segnale luminoso fino a 25km dichiarati di distanza, il collaudo personale è stato fatto alla bellezza di...caaaalma, non tutto subito.
Seconda domanda: che te ne fai di un eliografo??
Allora, primo, nemmeno io sono immune dall'effetto Bera Grills che imperversa in TV, riesco comunque a mantenere la mia lucidità nell'attrezzarmi per le mie avventure, insomma, non mi compro un coltellaccio tattico o imparo a cacciare e mangiare le peggio cose, però un pò attrezzatura extra me la sto procurando, capiamoci, nulla da sopravvivenza estrema ma quel quid in più che può facilitarti l'esplorazione o rendertela più avventurosa ed interessante.
Ed è in quest ottica di riassortimento dei gadget che arriva 'eliografo, uno strumento se volete banale ma che consente, con una spesa irrisoria, di avere un effetto wow durante le proprie escursioni in montagna.
Comunque, entriamo nel vico dell'avventura, per testare il mio spettacolare eliografo, dopo aver considerato l'orario, le disponibilità e la disposizione del Sole, ho individuato il mio obbiettivo, il monte Altissimo di Nago. Ok, non è una nuova meta ma la scoperta non consiste sempre in posti nuovi ma in occhi nuovi.
Insomma, salgo fino al rifugio Graziani nel comune di Brentonico, parcheggio e inizio la salita,tenete presente che lo scopo del viaggi era provare l'eliografo quindi, il panorama del lago, le insenature nella montagna, i variopinti colori degli strati di roccia e le strane sculturine di sassi non destavano più di tanto la mia meraviglia, ergo la salita è stata una mera riflessione sulla vita, sul futuro e sulla montagna.
Arrivato in cima, appena dopo il rifugio, sapevo che c'erano delle installazioni militari della Prima Guerra Mondiale, nulla di che da quel che ricordavo...e qui mi sbagliavo.
Ricordate i nuovi occhi?
Ecco che all'improvviso mi si aprono: davanti a me si staglia, nella sua storia magnificenza il fronte Italia-Austria della Prima Guerra, Cima punta d'oro, Stivo, Biaena, Zugna, Pasubio, altopiano di Folgaria, Riva del Garda e Brentonico, in una visione da togliere il fiato davanti a me avevo una porzione non da poco di uno degli scenari più significativi della Guerra.
Davanti a tanto spettacolo, mi accorgo che la mia considerazione di alcune installazioni militari è al quanto riduttiva, ci sono trincee e postazioni su tutta la ima nord della montagna, infatti, la cima del monte Altissimo e l'altopiano di Brentonico sono stati interessati dall'avanzata italiana durante la Guerra, un'avanzata abbastanza tranquilla, con grande stupore degli italiani, la cosa era dovuta al fatto che gli austriaci, non considerando la zona dell'Altissimo di grande importanza strategica l'avevano abbandonata per ripiegare su postazioni pi facilmente difendibili e strategicamente rilevanti, quali quelle citata prima.
Inizio quindi l'esplorazione delle postazioni italiane, fanno il giro di tutto il lato nord della montagna, da li si può tenere d'occhio tutto il fronte dell'alto Garda e valle di Ledro, non sono postazioni esageratamente fortificate, infatti come non lo era per gli austriaci, nemmeno per gli italiani pare che fosse una postazione particolarmente strategica.
Il soldato che si fosse trovato in servizio su quella trincea, una volta sopravvissuto al freddo e alla neve, che sull'Altissimo d'inverno non scherzano proprio, poteva ammirare uno spettacolo della natura veramente eccezionale e, calcolando la possibilità di fare ferie e spostarsi dell'epoca, difficilmente avrebbe potuto pensare vera se non l'avesse vista con i propri occhi.
La cosa triste, oltre a pensare che pure lassù si è combattuto, è la costante mancanza d'indicazioni storiche riferite al sito.
Comunque, finita la fase culturale della ia esplorazione, ho proseguito con l'obbiettivo della mia scarpinata, provare l'eliografo.
Ho quindi preso posizioni su una zona della cima che mi permettesse una visuale libera sulla città di Rovereto e ho telefonato al mio contatto in loco, posizionato in un piazzale con visuale libera sull'Altissimo e un visibile punto di riferimento vicino.
Una volta stabilito il contatto via telefono ho iniziato a puntare l'eliografo e ho incrociato le dita sperando di avere un riscontro...al contrario nella linea temporale mi sentivo come Marconi mentre provava una trasmissione radio per la prima volta.
Dopo un lungo silenzio nell'auricolare sento "ho visto il lampo!", chiedo di ripetere, mi confermano "due lampi zona Altissimo!"...ragazzi, l'eliografo funziona, uno specchietto da 10x10cm, un mirino fatto con lo stecco di un ghiacciolo, hanno comunicato la mia presenza alla bellezza di 15km di distanza!!!!!
E'stato facile, no, è stato utile, no, perchè lo hai fatto allora?? L'ho fatto non perchè era utile, ne perchè era facile, l'ho fatto perchè era difficile, era una cosa che ormai non fa più nessuno, era una cosa che serviva per "osare" la dove nessuno osa più, per saper fare quel qualcosa in più che potrebbe fare la differenza, quel qualcosa che, ora lo so, può avvicinare chi scala una montagna a chi è rimasto a casa e creare un immaginario ponte tra questi due luoghi: la dove c'è il lampo, c'è Thx 217, cosa farà? Dove andrà? Come ci è arrivato li e perchè? Solo io conosco le risposte a queste domande ma, per chiunque veda il lampo, io sono li, a vivere un'avventura, ad esplorare l'ignoto a cercare qualcosa...guardate le montagne e cercate il lampo e, se avete un pò di spirito d'avventura, siate voi il lampo!




giovedì 17 maggio 2018

Punti di vista


Nel portare avanti il mio progetto sulla Grande Guerra, non posso non tenere in considerazione il Trentino Alto Adige perche la regione ha avuto momenti di rilevanza storica sia nella prima che nella seconda Guerra Mondiale, infatti il Trentino nella prima Grande Guerra è stato terra di confine e ha dato luogo ad aspri e famosi combattimenti, la maggior parte svolta sulle cime delle montagne dove le condizioni di vita non erano certo delle più agevoli, e figuriamoci quelle di combattimento.
Una valle, che oggi è solo un tramite tra la Val Lagarina e il Veneto, in tempo di guerra è stata teatro di cruenti scontri e avvenimenti storici alquanto controversi, questa valle è la Vallarsa.
Nel mio cercare luoghi che potessero essere interessanti per Cyrano217, mi sono imbattuto in questa lunga e stretta valle, piena di testimonianze sulla vita e gli avvenimenti d'inizio secolo, uno di questi luoghi è il monte Corno di Vallarsa, magari questo nome non dice molto ai più, proviamo con monte corno Battisti, forse lo riconoscete.
Battisti vi dice qualcosa di più?Si?...no, non Lucio, Cesare, Cesare Battisti...chi era Cesare Battisti?
Bella domanda, Cesare battisti era un irredentista trentino che, assieme  Fabio Filzi e Damiano Chiesa, hanno tradito, secondo gli Austriaci, contribuito secondo gli Italiani, contribuito obbiettivamente, a far seguire alla storia il corso che noi tutti conosciamo.
Non voglio però divulgarmi sulla figura degli irredentisti trentini, tanti e più qualificati di me lo hanno fatto e lo stanno tutt'ora facendo.
Quello che m'interessa è parlavi del monte corno Battisti e della su storia, per fare questo una mattina, prendo il mio potente mezzo meccanico 4x4 e mi dirigo verso Trambieno, località Giazzera per essere precisi, luogo di partenza di uno dei sentieri che portano fino a quota 1778msl, la cima del Corno.
I sentieri che partono sono molti, io per disattenzione, non potevo che prendere il più impervio, suggestivo magari, corto sicuramente, però impervio.
Tutti i sentieri di quella zona alla fine portano ad un bivio da dove parte un unico sentiero per arrivare al corno.
Il sentiero percorre la costa della montagna, il panorama è spettacolare, si vede tutto il gruppo dello Zugna e si può vedere fino alla spianata di Vicenza, di tanto in tanto spuntano dei "baiti" piccoli rifugi usati un tempo dalla gente di montagna che li usava per ripararsi durante la notte nei periodi di lavoro in quota, nel tempo questa funzione dei "baiti" si è persa, sono rimasi alle famiglie che ne erano originariamente con il vincolo di non poter essere venduti ne modificati....come se si vedessero le modifiche sotto terra: i "baiti" da angusti rifugi, si sono trasformati in mini appartamenti, magari non con tutti i confort della vita moderna ma sicuramente con tutto il fascino e l'intimità di un rifugio in montagna.
Tra un "baito" e un panorama, arrivo all'imbocco del corno, qui un ceppo ricorda ai visitatori perchè il luogo è famoso: militarmente è un osservatorio eccezionale sulla Vallarsa, dal corno si può perfino tenere sotto'occhio e, con la giusta attrezzatura, sotto pressione forte Pozzacchio, inoltre, in quella sede, sono stati catturati Cesare Battisti e Fabio Filzi, considerato che per gli Austriaci erano due traditori, due giorni dopo la loro cattura, a seguito di un processo lampo, furono condannati ed impiccati per tradimento.
Battisti e Filzi non stavano sopra il corno appollaiati, al di sotto del corno c'è tutta una rete di gallerie e rifugi in cui i soldati, Italiani prima e austriaci poi, si rifugiavano e vivevano, l'accesso a questo dedalo di gallerie è noto, ma è anche un luogo MOLTO PERICOLOSO!!!
Se volete provare il brivido della vita in galleria potete prendere il sentiero attrezzato che sale al corno da Valmorbia che ha dei tratti in galleria.
Considerato il tutto, e con la consapevolezza di essere in un luogo dove si è fatta la storia, mi fermo un pò a riposare sul piccolo muretto in cima al corno e, guardando la maestosità delle montagne che mi circondano, penso a chi, quel panorama, lo poteva apprezzare solo a brevi momenti perchè la maggior parte del tempo bisognava vedere se c'erano nemici nascosti, ripararsi dai cecchini, sperare che i tuoi superiori non ti mandassero ad un eroico massacro, come andava di moda all'epoca e, perchè no, pensare a come poter disertare e tornare a casa, lontano dalla guerra, lontano da quell'assurdo massacro, sperando di non venir catturato e/o ucciso nel mentre, perchè ai disertori, in guerra, non si fanno mica tanti complimenti.
Terminate queste riflessioni m'incammino verso casa, ringraziando di aver conosciuto la guerra solo sui libri ed in televisione e di poter apprezzare serenamente i paesaggi che la natura e la Vallarsa possono offrirmi.